
Possibile l’accertamento delle imposte anche nei confronti di un’associazione non riconosciuta estinta, ma in tal caso deve essere notificato all’ultimo suo amministratore
12 Ottobre 2021
La possibilità di pagare tempestivamente le sanzioni in misura ridotta e contestare il tributo è principio generale operante per tutti i tributi, inclusa IMU
9 Novembre 2021La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32732 del 2 settembre 2021, ha ribadito che, la spettanza di un compenso all’amministratore per l’attività gestoria deve essere decisa e determinata dall’assemblea dei soci, non derivando automaticamente dal rapporto di immedesimazione organica che lega l’amminstratore alla società.
La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017 aveva stabilito che il rapporto tra l’amministratore e la società si inquadra tra i rapporti societari, funzionale a consentire alla società di agire e che tale rapporto non è assimilabile nè ad un contratto d’opera, nè ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato.
In linea con l’orientamento delle Sezioni Unite, la Cassazione civile, con sentenza n. 14010 del 12 febbario 2020, ha stabilito che commette il delitto di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, il socio amministratore che prelevi dalle casse sociali somme di denaro, senza una giustificazione causale, l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, posto che il rapporto di immedesimazione organica non è assimilabile né ad un contratto d’opera, né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino il diritto al compenso, dovendo invece l’eventuale sussistenza di tale diritto essere verificata in concreto, attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica.
Nulla vieta, infatti, che tra la società e l’amministratore si instauri un rapporto parallelo e autonomo che integri le caratterisirtche del rapporto subordinato o parasubordinato. In questo caso, però, sarà il giudice di merito a dover accertare in concreto che le attività svolte dall’amministratore siano estranee al rappporto organico.
Alla luce di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’amministratore che preleva dalle casse sociali somme di denaro a titolo di compensi per l’attività gestoria commette il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, qualora tali compensi, genericamente indicati nello statuto e non giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione, siano stati determinati nel loro ammontare con una delibera dell’assemblea dei soci adottata “pro forma”, al solo fine di giustificare l’indebito prelievo (Cass. sezione V, n.3191 del 16 novembre 2020).
Al contrario, si configura il delitto di bancarotta preferenziale qualora il pagamento estingua un debito effettivamente esistente, la cui esistenza deve essere provata dall’imprenditore. In difetto di tale prova, ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori (cfr. Cassazione, sezione V, n. 32637 del 16.4.2018).